LOCALITA’: FORMIA
INAUGURAZIONE: 16 FEBBRAIO 1980
CHIUSURA: 3 AGOSTO 1980
Questa è la storia straordinaria dell’esplorazione della discoteca 7up, che mai avremmo immaginato di poter fare. Dopo una lunga e impegnativa giornata, passata a percorrere chilometri su chilometri, arriviamo a Formia senza pretese, solo alla ricerca di un posto dove fermarci per la notte. Il sole iniziava a calare ma eravamo certi avremmo potuto fotografarla solo dall’esterno e iniziamo a scattare percorrendone il perimetro. Ma la situazione cambia: troviamo il modo di entrare.
In pochi minuti ci ritroviamo dentro a un vero e proprio mito, In quella discoteca chiusa da 40 anni, che in molti definiscono al pari della discoteca “ultimo impero” del sud Italia, altri invece la ricordano solo come “la discoteca della mafia”.
LA DISCOTECA DELLA MAFIA
Dentro è molto buio, ogni uscita è murata, e l’unica luce arriva dal tetto, nella parte verso il giardino. La discoteca 7UP è vuota, non è rimasto molto che possa raccontare di lei. La struttura delle scale che un tempo portavano al piano di sopra ora è stesa a terra, in un ammasso di ferro arrugginito. Impossibile salire. I muri sono stati riportati al grezzo, non esiste più nulla dell’arredamento. Con la torcia riusciamo a intravvedere sul soffitto qualche traccia della scenografia che fu: una fila di specchi blu rettangolari riveste il soffitto, ne è rimasta solo una piccola parte, e c’è anche della carta da parati color ruggine glitterata, che luccica leggermente al passare della torcia. A terra, un pezzo di vetro spesso, forse parte di una vetrata che separava qualche zona della discoteca.
LA “PISTA RAGNO”
In fondo, nella parte più buia vicino all’ingresso, notiamo un grande rialzo di forma esagonale, la grande “pista ragno” come veniva soprannominata. Accanto la pista centrale, di forma quadrata di cui rimane la console, piccola, semplice, probabilmente gli anni di abbandono hanno spento gli effetti decorativi. A dividerle una buca, quella che probabilmente era la “fossa dei leoni” ovvero la console delle luci. Guardando al piano di sopra si intravvedono i resti di un bar, e lo scheletro di quella che doveva essere la “saletta relax”, uno spazio insonorizzato rispetto al resto del locale, dove si poteva ascoltare musica soft, o più semplicemente la “pista dei lenti”. Accanto a questa doveva esserci la “pista roller” di cui però abbiamo solo una sfocata immagine di allora. Non si riesce a definire alla perfezione quanti ambienti contasse, ma ricostruendo dalle voci dei frequentatori di allora crediamo di poter dire che solo al chiuso le piste erano cinque, tre al piano di sotto e due al piano di sopra.
IL GIARDINO
Sta iniziando a tramontare il sole, e lì dentro l’atmosfera si fa cupa e inquietante. È un luogo molto pericoloso: a ogni passo si rischia di cadere, a terra ci sono buchi e strutture cadute, probabilmente quelle stesse coreografie che un tempo erano sul soffitto e sorreggevano i fari che illuminavano la pista interna. Decidiamo allora di fotografare il giardino e di uscire prima che faccia buio del tutto.
L’area esterna della discoteca 7UP è molto grande, ha un enorme palco per i concerti e, di fronte, le gradinate. Non rimane nulla del secondo palco di cui però abbiamo testimonianze fotografiche dell’epoca. Ci apprestiamo a salire più in alto possibile, là dove un tempo si erigeva una strana struttura, altissima, che richiamava l’idea di una torretta di avvistamento, probabilmente una regia. Oggi rimangono solo i rovi e le piante che stanno inglobando le gradinate. Anche qui si notano i dettagli di un tempo: nel pavimento, a cadenza regolare, piastrelle quadrate di vetro, un tempo illuminate. Arrivati in cima e nel pieno del tramonto, una vista mozzafiato sulla città ci emoziona. Siamo rimasti lì qualche minuto a pensare a quello che doveva essere quel luogo, a quanto era bello e a quanta cura nei dettagli. Erano gli anni ’80 e le discoteche venivano costruite con cura maniacale, cercando di donare loro una propria identità.
TOTALMENTE ABUSIVA
L’intera struttura, costruita in appena nove mesi, fu, in quegli anni, la più grande e spettacolare d’Europa, capace di ospitare fino a 8000 persone. Si scoprì poi che l’intera struttura, abusiva, apparteneva al clan Bardellino. Si narra che fu il quartier generale del boss, il quale dietro la schermatura della discoteca controllava tutti i suoi traffici. Grazie alla disponibilità economica, non si badò a spese. Si narra che solo per l’impianto laser si spesero oltre 120 milioni di lire dell’epoca, e poté ingaggiare i migliori artisti nazionali ed internazionali del tempo. Il successo fu travolgente. Nessuno aveva mai visto uno spettacolo così incredibile di luci, suoni, colori. I ragazzi si accampavano con le tende fuori dal locale già al giovedì sera, pur di riuscire a far parte del sogno.
Inizia a fare veramente buio e purtroppo dobbiamo uscire velocemente. Benché fosse totalmente vuota, è stata una delle esplorazioni più belle mai fatte.
3 AGOSTO 1985: LA BOMBA
Il sogno del seven up si interrompe nel modo più terribile. È il 3 agosto 1985, un sabato sera. I ragazzi già facevano la fila all’ingresso e il locale stava iniziando a riempirsi. Alle ore 22:36 un boato rompe la magia. Una bomba viene fatta esplodere al piano superiore, provocando il crollo parziale del tetto. Il bilancio finale fu di due morti e decine di feriti, mezz’ora dopo sarebbe stata una strage.
Un ringraziamento speciale a DJ Mestizia CRK per l’aiuto nella stesura con le sue preziosissime informazioni, e per averci messo a disposizione le fotografie d’epoca dalla sua pagina instagram “7UP_musiclight_discoteque”
Abbiamo realizzato anche un breve video! clicca sul link!