LOCALITA’: REGGIO EMILIA
INAUGURAZIONE: 21 OTTOBRE 1977
CHIUSURA: 29 SETTEMBRE 2000
Nell’epoca doro della disco music, le aperture di nuovi locali non si contano più. Ma a fare gran rumore, nell’ottobre del 1977, fu l’inaugurazione della discoteca Marabù, un locale mai visto prima, dalle dimensioni incredibili. Due mesi dopo l’inaugurazione, usciva nelle sale “La febbre del sabato sera”, iconico film celebrativo della musica disco. E’ sicuramente anche grazie al grande successo che ottenne il film che il Marabù divenne presto meta obbligata per tutti gli amanti del ballo, e le sue dimensioni la rendevano una delle poche capaci di ospitare tutto quel pubblico.
Inizialmente la struttura era di “solo” 4500 metri quadrati, poteva accogliere 3000-3500 persone. Principalmente si ballava sulla musica suonata dalle band del momento, aveva un palco di 150 metri quadrati e una pista da ballo di 350 e attorno divani e tavoli che garantivano oltre 2200 posti a sedere.
Il successo fu tale che 10 anni dopo, nel 1986, la struttura venne ingrandita, realizzando un’area estiva chiamata “Starlight”, dove la pista da ballo era circondata da fantastiche fontane che con i loro giochi d’acqua rinfrescavano le calde serate stive.
Così completata, divenne a pieno titolo la discoteca più grande d’Europa, e arrivava ad accogliere anche oltre 10000 persone. Chiudeva un solo giorno a settimana, e la domenica si entrava sia al pomeriggio che alla sera.
IL 29 settembre del 2000 fu l’ultima sera di apertura, e a dicembre dello stesso anno l’insegna discoteca Marabù venne definitivamente rimossa, dopo 23 anni esatti. Nemmeno tre anni dopo lo Starlight venne demolito per costruire dei capannoni industriali, mentre della struttura originaria rimane lo scheletro, ma all’interno racchiude ancora tutto il fascino delle grandi discoteche entrate a pieno diritto nella Storia.
UNA ATMOSFERA SPECIALE
Al nostro arrivo ci accorgiamo subito dell’imponenza della discoteca, le uscite di sicurezza sono tutte aperte, ma dentro è abbastanza buio. Gli occhi poi iniziano ad abituarsi a quella poca luce e lo spettacolo inizia. E’ veramente immensa! Lì, piccoli piccoli, fermi al centro della enorme pista ci guardiamo intorno. E’ enorme, bellissima, non c’è più l’arredamento, ma i colori vividi tipici delle disco anni ’70 sono ancora impressi sui muri. Davanti a noi la piccola console, stranamente piccola in proporzione alla pista, e dietro l’enorme entrata, in “stile spaziale” se cosi si può dire, come del resto tutta la struttura della discoteca.
Poco più a lato l’entrata di un’altra pista mentre invece guardando a sinistra troneggia la grande e larga scalinata luminosa che porta al bar principale, dal design tondeggiante. E’ rimasto poco ma si intuisce la sua bellezza e cura nei dettagli, invece a destra c’è un altro bar più piccolo e semplice e poi una scalinata che porta alla parte soppalcata della discoteca. Non ci sono più neanche i parapetti di protezione.
Percorrendolo tutto si arriva ad un’altra saletta molto piccola, la sua particolarità sta nell’uscita di sicurezza che dà sul terrazzo dove è rimasta una parte del ponte che un tempo collegava il Marabù con lo Starlight. L’energia che si percepisce in mezzo quella pista è potentissima, è come se si sentisse ancora la musica e la gente ballare. Peccato non averla vissuta, camminare nei suoi spazi ci ha emozionato tantissimo.
UN FUTURO INCERTO
C’è anche una curiosità o, se volete, una curiosa coincidenza: Il nome Marabù deriva da quello di una particolare specie di uccello che vive in africa subsahariana, e la sua apertura alare, di quasi tre metri, è tra le più grandi al mondo.
Qui vicino, sorgeva anche un’altra discoteca, di cui abbiamo già parlato: il Kiwi Cathedral di Piumazzo. Anche questa ha scelto il nome da una specie di uccello, il Kiwi appunto, che al contrario è invece privo di ali e incapace di volare.
Il kiwi di Piumazzo inaugura nel 1970, il Marabù nel 1977. Chissà, se fu un caso, o solo una specie di scherno. O magari voleva essere beneaugurante, visto il successo del Kiwi, si sognava di volare molto più in alto. Ma il loro destino è stato comune.
Le loro dimensioni sono anche probabilmente la principale causa della chiusura. Passata la febbre del sabato sera, il ridotto afflusso di pubblico non permetteva di sostenere gli altissimi costi di strutture del genere. Ad oggi, la discoteca Marabù è stata acquistata da un imprenditore locale, che non ha mai smentito la possibilità di riaprire un locale da ballo. Ma al momento, non ci sono progetti esecutivi.
Proprio per la sua bellezza e fama, il regista Vittorio de Sisti la scelse come location principale per il suo film “Rock ‘n Roll” del 1978. Se volete fare con noi un tuffo nel passato per vedere quando era bella, abbiamo recuperato un collage con tutte le scene girate al Marabù